Mons. Gennaro Franceschetti

Mons. Gennaro Franceschetti

(Provaglio d'Iseo, 14.06.35 – Fermo, 04.02.2005)

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Mons. Gennaro Franceschetti

Uomo di Fede, condottiero del nuovo

L’Associazione S.F.E.R.A. è dedicata alla memoria di Monsignor Gennaro Franceschetti, sacerdote bresciano e poi arcivescovo di Fermo, nelle Marche.

Mons. Franceschetti fu espressione di una tradizione ecclesiale, sociale e culturale che ha segnato generazioni di uomini e donne, con la missione di testimoniare i valori cristiani non solo nella vita personale, ma anche in quella pubblica e civile.

Con la sua grande carica umana, intellettuale e spirituale ha orientato persone e istituzioni ad aprirsi ai temi dell’evangelizzazione, della promozione umana e culturale, della solidarietà economica e sociale.

Note di Vita

Don Gennaro Franceschetti, (morto nel 2005 a Fermo, dove Papa Benedetto nel 1997 lo aveva inviato a fare il Vescovo) era uno di quei preti che non lasciavano mai indifferenti. Qualche volta si poteva definire condottiero del nuovo che avanzava, altre difensore dell'esistente, altre ancora propositore di cieli e terre talmente inesplorati da indurre più di uno a spaventarsi e, quindi, a battere in ritirata. In realtà, don Gennaro era uno di quegli amici, rari e benevoli, che ognuno avrebbe voluto incontrare. Non stava sopra, ma dentro i problemi; non vantava cultura, che per altro possedeva in larga misura, ma la usava come chiave di lettura delle vicende di cui era testimone; non regalava sogni, ma era ben capace di trasformarli in realtà; non indietreggiava di fronte alle difficoltà, le cavalcava e le domava; era prete vero, di quelli che coniugavano preghiera e azione senza frapporre utilità o utili convenienze, quindi anche scomodo; non era, benché qualcuno lo abbia così raffigurato, un mediatore di posizioni, una sorta di acqua santa capace di acquietare le coscienze e le inevitabili diaspore parrocchiali, ma un «cocciuto e ostinato» ricercatore di ragioni utili a dirimere questioni e a favorire dialogo e incontro.
Nato a Provaglio d'Iseo, terra di Franciacorta, il 14 giugno 1935 e ordinato sacerdote il 17 aprile 1960, don Gennaro misurò le sue idee prima con l'oratorio, poi con il mondo del lavoro e dei giovani, più avanti con la pastorale che la sua Diocesi andava scoprendo col vescovo Luigi Morstabilini, con la riconversione del vecchio seminario Sant'Angelo in un luogo di incontri e di ospitalità, con la fatica «bellissima e straordinariamente arricchente», di fare il parroco, per di più in «un paesone difficile» come Manerbio. Così fino al 1997, quando Papa Benedetto, nominandolo vescovo gli affidò la Diocesi di Fermo. Don Gennaro raccolse quattro cose, dieci libri, il fardello in cui aveva accumulato sogni, speranze, soddisfazioni e s'incamminò senza esitazioni verso la nuova avventura. A molti bresciani quella destinazione non garbò più di tanto. Don Gennaro, invece, la considerò un dono, che più bello non c'è, una grazia, il modo più bello per confermare al prete mandato ad ascoltare la gente di aver vissuto una «buona giornata», che il suo tempo non è stato speso invano, disse allora agli amici.
La Diocesi di Fermo lo accolse con gioia. «Ebbe per tutti noi - ha scritto un cronista fermano - l'attenzione, l'affetto e la misericordia che pensavamo tipica della nostra terra e che invece lui conosceva e incarnava perfettamente pur venendo da lontano». Un giorno capitò l'occasione di chiedergli se era felice. Rispose che la felicità lui la cercava ogni giorno tra le cose da fare, da condividere; tra i pensieri che riusciva a destinare a chi gli passava accanto; tra gli impegni onorati, le amicizie confermate e trovate, le generosità ricevute e date, i sogni che attraversavano il suo personale cassetto. «Come quello - confidò un giorno - di andare in missione, per conoscere l'Altro e gli Altri e con loro costruire nuove e possibili felicità».Chi lo ha conosciuto sa quell'idea di andare in missione don Gennaro la portava nel cuore da sempre. «Ma il tuo posto - gli disse un giorno l'allora suo vescovo Luigi Morstabilini - è qui, perché il buon esito della missione, ovunque sia, lo dobbiamo costruire qui e adesso».
Così, pazientemente e silenziosamente, don Gennaro favorì impegni missionari costruendogli intorno generosità, sollecitando interventi, diventando lui stesso protagonista di interventi importanti, spingendo i suoi parrocchiani e gli amici ad accorgersi che «servivano a poco se pensavano solo a se stessi». La risposta è scritta in due opere di assistenza realizzate nel Mali e a lui intitolate: un reparto di maternità a Savaré-Mopti e un day hospital a Bamako. Ma non solo. Per non dimenticare la sua disponibilità è nata un'Associazione (Sfera) che sta costruendo un Centro formativo in Congo, nel cuore dell'Africa più povera.


Luciano Costa

 

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